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Terrorismo. Antropo-fenomenologia, Profili Criminologici e Giuridici

di Enrico Mei

25.00

L’opera nasce dal desiderio di meglio comprendere la storia dei nostri giorni, utilizzando gli strumenti che la criminologia concede per provare a fare chiarezza sugli aspetti fenomenici, e non solo, del fenomeno terroristico. Il quadro che emerge è inquietante, in ragione della complessità dei fattori individuali, sociali, politici e criminali che contribuiscono ad alimentare il terrore che condiziona, senza respiro, la quotidianità dell’esistenza dei cittadini occidentali.
Il volume è indirizzato a tutti coloro che nutrono il desiderio di conoscere od approfondire il tema proposto, non soltanto agli esperti di settore (criminologi, psicologi, medici, giuristi) ma a qualsivoglia interlocutore curioso ed interessato.

Descrizione

AIl testo inizialmente affronta ed analizza, con un approccio multiprospettico, gli aspetti eziologici e storico-antropologici del terrorismo. Il fenomeno si caratterizza per l’indubbia complessità interpretativa e definitoria e si contraddistingue per l’incessante processo di evoluzione e trasformazione. Il tutto all’interno di un mondo globalizzato e di una societas connotata da precarietà, ibridazione ed incertezza.
L’indagine storica ed etimologica conduce all’assunto di fondo per il quale il terrorismo non è certamente una novità del mondo moderno. Le prime forme sono riscontrabili già nel Mondo Antico: si pensi alla setta degli Assassini od alla civiltà degli Aztechi. Sono ricomprese nell’alveo dei terrorismi dinamiche molto eterogenee, che vanno dalla pratica del tirannicidio, ai cosiddetti foreign fighters.

Abbiamo descritto la “vicenda del terrorismo” a più ampio spettro, per rintracciarne gli elementi costitutivi, disegnare una linea di pensiero critica ed analizzarne le dinamiche fenomeniche.
Gli studiosi concordano nell’affermare che siamo al cospetto di una forma di lotta che, attraverso azioni violente come attentati, stragi, sabotaggi, prende di mira obiettivi altamente simbolici, rivolgendosi contro i civili e terrorizzando il maggior numero possibile di persone.

Il termine “terrorismo” è comparso per la prima volta, nel 1795, nell’Oxford English Dictionary, con riferimento agli abusi perpretati dal potere rivoluzionario in Francia. Nel corso del XIX e del XX secolo il terrorismo ha contraddistinto avvenimenti differenti, riconducibili sia all’azione di Stati che di gruppi socio-politici organizzati posti in essere all’interno di un Paese ovvero in un contesto transnazionale o internazionale.
Il terrorismo contemporaneo presenta degli aspetti peculiari, riconducibili a sviluppo tecnologico, globalizzazione, delocalizzazione, disomogeneità valoriale ed una sempre maggiore “virtualità” degli spazi.
Il contesto storico del secondo dopoguerra ha offerto un terreno fertile per lo sviluppo di movimenti terroristi di diversa ispirazione che, non utilizzando le forme tradizionali di lotta, manifestano la volontà di colpire o, meglio di impressionare l’opinione pubblica, utilizzando la violenza eversiva come arma psicologica.

Una delle maggiori novità registrate risiede nella diffusione mediatica dell’evento criminoso, in una “spettacolarizzazione” che il soggetto agente ricerca e calcola per vieppiù amplificare l’effetto destabilizzante dell’azione, attraverso una incisiva pressione psicologica sulla società.

Quello contemporaneo è un terrorismo di opposizione, che passa per la negazione della democrazia. Il terrorista cerca di imporre i propri interessi e le proprie ambizioni attraverso la violenza, la minaccia e l’intimidazione, anziché servirsi dei mezzi
espressivi offerti da un regime democratico. L’atto eversivo dunque si pone fuori dalla legalità con l’obiettivo di minare la struttura democratica dello Stato.

Le azioni ostili sono rivolte generalmente contro istituzioni statali, governi, singoli esponenti e/o gruppi etnici, politici e religiosi.
Solitamente gli autori hanno come obiettivo l’eco mediatica che essi ottengono attraverso imprese delittuose, amplificate dai mezzi di comunicazione di massa.
Il libro si pone lo scopo di fare chiarezza sui fattori necessari affinché ad un evento possa essere attribuita la qualifica di “natura terroristica”.

La connotazione politica ed il ricorso sistematico alla violenza organizzata sono elementi costantemente presenti in un fenomeno terroristico.
Il terrorismo è in primo luogo un fatto politico, alla base del quale vi è sempre una motivazione di carattere ideologico. Si caratterizza per una condotta efferata, tale da indurre uno stato di panico e la disarticolazione dell’intero corpo sociale, creando, al tempo stesso, una profonda sfiducia nei confronti delle istituzioni, impreparate ad affrontare questa tipologia di attacchi.

Possiamo definire il terrorismo come o un “metodo di lotta politica fondato sul sistematico ricorso alla violenza, con particolari connotazioni oggettive e soggettive”. Tra le varie forme note di terrorismo descritte vi sono:

  • nazionalista e indipendentista,
  • rivoluzionario di natura ideologica,
  • di matrice religiosa,
  • suicida,
  • di Stato.

Nel testo si affrontata l’interessante tematica della vittimologia, con lo studio dei profili psicopatologici afferenti alle vittime di terrorismo ed i relativi aspetti giuridici, elaborati dal Legislatore al fine di tutelare la nostra, peculiare tipologia di vittima. Abbiamo cercato di far emergere le differenze sostanziali sussistenti tra la vittima di terrorismo e di altre fattispecie delittuose. Si è altresì proceduto ad esaminare le strategie elaborate a sostegno delle vittime di terrorismo; in particolare, sono state oggetto di studio le politiche di supporto, costruite ad hoc, con la specifica finalità di mitigare le devastanti conseguenze psico-fisiche patite dalla vittima di una strage terroristica.

Si è analizzata la normativa giuridica – sia domestica, sia internazionale – posta a tutela delle vittime di terrorismo.
Abbiamo approfondito lo studio della personalità del terrorista, non escludendo gli aspetti antropo-fenomenici.
Il terrorista viene indagato sotto un profilo sociologico, psicologico e psicopatologico, al fine di tentare di fornire una risposta che risultasse idonea a chiarire le ragioni di una scelta criminale efferata. Quest’ultima è contraddistinta da una ferocia inutile od inconcepibile, se non si hanno chiari i presupposti e, soprattutto la finalità della strategia del terrore.

Il terrorista non può essere considerato un malato psichiatrico in senso classico. Tuttavia non vanno sottovalutati i segni psicopatologici che sembra guidino e giustifichino i comportamenti più abietti od inumani dei nuovi dispensatori di morte. Abbiamo anche considerato uno studio squisitamente socio-criminologico per fornire una chiave di lettura della scelta finale del terrorista; di un percorso spesso senza ritorno, poiché il singolo aderente talvolta accetta di annullare anche la propria vita per un ideale superiore.

La tematica inerente la risposta dell’ordinamento italiano alla minaccia terroristica, attraverso l’analisi dei grandi temi della politica criminale attuale, è stata oggetto di particolare attenzione. Ci si è soffermati sulla progressiva diffusione di una visione ispirata al modello del “diritto penale del nemico”, che si manifesta nelle scelte progressivamente operate dal legislatore domestico.

Sono state presentate le risposte sanzionatorie dell’Ordinamento in materia di lotta al terrorismo, non trascurando gli aspetti relativi alle interconnessioni tra i diversi piani giuridici (penale, civile, amministrativo).
Abbiamo fornito una proposta di analisi delle diverse fattispecie del “sub-sistema jakobiano”, ivi riportando le principali posizioni dommatiche relative alle questioni esegetiche più discusse.

Viene valorizzato il tema del pericolo insito in una tecnica normativa, basata su un’eccessiva anticipazione della soglia di punibilità, con una trattazione estesa alle possibili linee d’intervento, nei vari livelli di politica sociale e penale.

Infine, abbiamo affrontato la connessione intercorrente tra l’accelerazione del processo di integrazione europea e l’inasprimento delle misure per il contrasto del terrorismo internazionale. Il tutto ripercorrendo l’evoluzione dell’“europeizzazione” della legge penale, riflettendo sulla progressiva erosione dello ius puniendi dello Stato ad opera degli inediti legislatori sovranazionali.

Abbiamo approfondito le forme di manifestazione di due fenomeni apparentemente in contraddizione:

  1. la progressiva cessione di sovranità da parte degli Stati nazionali in favore dell’Unione Europea,
  2. come la governance europea conduca il legislatore domestico verso quelli che Ferrajoli definisce “vetero statalismi etici”.

L’attuale legislazione di contrasto al terrorismo è, come già accennato, ispirata dal “diritto penale del nemico” che costituisce la massima espressione dell’approccio autopoietico contemporaneo.
Il legislatore europeo tende a porre in capo a quello nazionale obblighi consistenti in insostenibili anticipazioni delle soglie di punibilità, finalizzati alla “neutralizzazione preventiva” delle aree di rischio.
Una volta descritti gli esiti delle sollecitazioni allogene, ci si è interrogati sulla compatibilità delle nuove fattispecie con i principi di offensività e materialità.
Si arriva alla valorizzazione di un approccio che vede nel diritto penale una funzione general-preventiva di extrema ratio. Proponiamo un potenziamento delle misure di prevenzione primaria e secondaria per restituire a quella branca la funzione che le è propria: la difesa di beni giuridici da comportamenti – e non da autori – che ledono (o mettono in pericolo) il “minimo etico” considerato come collante della comunità.

L’opera si propone di fornirne una chiave di lettura ermeneutica superando i limiti dell’indagine descrittiva e della mera riflessione accademica.

Informazioni aggiuntive

ISBN

978-88-6515-15-25

Pubblicato

Gennaio 2019

Formato

Brossura

Pagine

269

Interno

B/N

Lingua

Italiano

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