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Violenza di genere. Percorso storico, dinamiche psicologiche, psicopatologiche e psichiatrico – forensi. La politica criminale

di Enrico Mei

24.00

La “violenza di genere” è un fenomeno antico, foriero di infelicità e lutti che, in anni recenti è divenuto anche oggetto di una inquietante spettacolarizzazione mediatica. La indagine etiologica e storico-antropologica, al pari dell’ analisi dei relativi, preliminari prodromi giuridici, declina verso una interessante e complessa matrice interpretativa, cosicché viene a delinearsi, del problema, anche una visione culturalmente e, forse scientificamente intellegibile.

Descrizione

La criminologia ha sviluppato, nel corso dei decenni, teorie, metodi di ricerca e di studio al fi ne di meglio comprendere, nella genesi della devianza e dei reati, il ruolo di
elementi di generale carattere sociale e relazionale, dunque non solo soffermandosi sul profilo bio-antropologico degli autori e delle vittime.

In effetti, l’analisi dell’interazione dei generi nella dialettica e nel panorama dei microcosmi esistenziali rappresenta un importante strumento ermeneutico di interpretazione di atti delittuosi, in questo caso rivolti prevalentemente contro la donna. É noto che i crimini a sfondo sessuale ed affettivo sono scolasticamente ricondotti, in via generale, ad una abnorme reazione alla frustrazione che è spesso foriera di comportamenti aggressivi. Lo studio approfondito della personalità e di latenti disagi psichici del reo può in realtà svelare motivazioni francamente patologiche, altrimenti solo astrattamente postulabili, che sottendono agiti violenti, spesso reiterati od estremi.

Stati emotivi e passionali, malattia mentale, costituiscono una sufficiente chiave di lettura forense di quei fenomeni, di per sé idonei a confluire nella più ampia definizione di “violenza di genere”, ma la complessità e, soprattutto le radici di quest’ultima sembrano affondare su ragioni profonde, diffusive e pervasive, piuttosto articolate, sulla cui complessità diventa opportuno ulteriormente indagare. E così, ci si è soffermati sulla evoluzione storica dei rapporti tra uomo e donna nel panorama di una civiltà patriarcale che, per secoli ha sostanzialmente relegato il genere femminile ad una condizione di subalternità financo a decretarne, spesso, la sottomissione sociale e culturale.

Se già nell’antica Roma Plauto denunciava che lupus est homo homini (Asinaria, a.II,sc. IV v.495), nel Medioevo erano istituzionalmente perseguitate le streghe (è del 1487 il
Malleus Malefi carum, di Kramer e Sprenger) e, molto più recentemente era vigente in Italia la disposizione normativa sul delitto d’onore, passando per l’immaginario penalistico dell’infermitas sexus, sopravvissuto sino al XIX secolo, la Storia traccia chiaramente il percorso riservato o concesso dalla società maschilistica al genere femminile; al quale, forse l’uomo, inconsciamente non ha mai perdonato l’onnipotenza della generatio prolis ed, in proiezione difensiva, la di lui incapacità di gestire il mistero della femminilità laddove il maschile si scopre affettivamente irrisolto.

In Italia, negli ultimi anni si registra un numero pressoché costante di femminicidi, con una vittima ogni tre giorni; rimane incerta la statistica dei maltrattamenti intrafamiliari, per l’inafferabilità del numero oscuro ed, al riguardo non può essere parimenti sottaciuta la discriminazione che la donna subisce nell’ambiente lavorativo. Il microcosmo in cui si consuma la violenza di genere non riguarda semplicemente realtà sottoculturali o sociali caratterizzate da marginalità ed emarginazione: il fenomeno è purtroppo tangenziale e non risparmia, in sostanza, nessuno strato della popolazione rispetto alle condizioni economiche, alla posizione sociale, all’ educazione religiosa o non, dei protagonisti.

La risposta giuridica, in attesa di una ancor più vigorosa presa di coscienza sociale e di un’ auspicabile liberazione culturale, si avvale di un paradigma punitivo-preventivo che, per quanto effi cace o deterrente, non appare in grado di annullare il fenomeno. E, sul punto ci si interroga se il “criminale fisiologico” non debba essere considerato, purtroppo un residuo statistico “ineliminabile”, al pari di altri comportamenti delittuosi che si profilano come solidamente radicati nella nostra società. La speranza in un futuro migliore può cogliersi dalla riflessione che la civiltà ha fatto passi da gigante, perseguendo nell’ instancabile affermazione di una centralità antropologica, nei sistemi democratici, basata su uguaglianza, fratellanza, libertà, tolleranza, condivisione e soprattutto, sul rispetto di ogni “diversità” biologica, sociale, culturale.

Informazioni aggiuntive

ISBN

978-88-6515-166-2

Pubblicato

Novembre 2020

Formato

Brossura

Pagine

198

Interno

B/N

Lingua

Italiano

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